Cooperativa Si Può Fare scs: uno sguardo dall’interno
A cura di Giulia Iseppato
Ho conosciuto la Cooperativa Sociale Si Può Fare scs tramite il mio lavoro per L’isola che c’è e, visto il mio interesse per questo ambito, la Cooperativa mi ha coinvolto per raccontare attraverso articoli e interviste le attività e le storie delle persone che la compongono.
Ho incontrato Massimiliano Cossa e Marco Servettini, rispettivamente il presidente e il direttore della Cooperativa Si Può Fare scs, presso la sede del Mercato dell’Usato Solidale in Via Lenticchia a Camerlata. Dopo aver fatto un giro della struttura e aver visto la gran quantità di merce (usata ma in ottimo stato) in vendita – vestiti, accessori, libri, mobili e tanto altro – abbiamo iniziato a chiacchierare a proposito della Cooperativa.
La prima domanda che mi è venuta spontanea fargli è stata: com’è nata la Cooperativa? Quali sono i suoi obbiettivi?
L’idea di creare una Cooperativa è nata dalla Caritas diocesana di Como che, attraverso i servizi che ha attivato per aiutare le varie forme di povertà e di fragilità riscontrate negli anni sul territorio comasco, ha capito che l’elemento di disagio più ricorrente era la difficoltà economica dovuta alla mancanza di lavoro stabile.
All’inizio – racconta Massimiliano – si era provato a trovare un lavoro per i soggetti in difficoltà presso ditte del territorio ma le persone, non abituate a lavorare, non riuscivano a sostenerne i ritmi. Allora assieme all’Associazione Ozanam, che aveva riscontrato lo stesso problema, è emersa la volontà di dare un’opportunità a queste persone attraverso la creazione di una Cooperativa Sociale, un soggetto specializzato che potesse dare una risposta attiva a questo tipo di bisogno.
La missione della Si Può Fare scs, quindi, è quella di creare situazioni in cui la persona è in grado di guadagnare attraverso il lavoro ciò che le serve per soddisfare i suoi bisogni principali. Ad esempio – spiega Marco – se non riesce a pagare le bollette, attraverso la Si Può Fare scs non si offre un’assistenza passiva, ovvero la semplice erogazione di denaro, ma l’opportunità di guadagnare la cifra che occorre attraverso brevi percorsi di inserimento lavorativo.
Si tratta quindi di aiutare le persone a ritrovare una propria identità attraverso il lavoro?
Sì, il percorso serve a dare dignità alla persona. Idealmente a chi è a rischio povertà, e quindi ha anche difficoltà a chiedere aiuto, è più dignitoso offrire un’opportunità lavorativa retribuita piuttosto che dare un aiuto meramente economico. Mentre a chi è in stato di povertà già da molto tempo, si vuole dare lo stimolo a riacquisire la dignità di sentirsi attivo e utile, oltre al fatto che è rieducativo imparare a guadagnare quello che serve attraverso un lavoro.
E nel concreto..?
Nel concreto si è partiti da un’attività che Caritas già faceva, cioè quella del ritiro dei beni usati per ridistribuirli, per cui è venuto quasi naturale attivare come primo servizio della Si Può Fare scs il Mercato dell’Usato Solidale e il servizio di sgomberi con sede a Camerlata. Con questo servizio sono stati creati i primi posti di lavoro in cui sono state inserite le persone individuate da Caritas e Ozanam. Col tempo si sono aggiunti man mano altri servizi attivi nella provincia comasca, come Si Può Fare Terra che si occupa di agricoltura sociale e biologica a km 0.
“L’idea di fondo è la sfida, anche educativa, della Cooperativa Si Può Fare scs è quella di creare valore proprio laddove la società considera qualcosa (qualcuno) rifiuto, scarto, non più necessario, o anche troppo impegnativo da valorizzare, per contribuire a restituirgli dignità e nuova opportunità di vita.”
Come mai avete chiamato la Cooperativa “Si Può Fare”?
Il nome – spiega Massimiliano – è stato tratto dal titolo del film “Si Può Fare” del 2008, con protagonista Bisio, ispirato alle storie vere delle cooperative sociali nate negli anni ottanta per dare lavoro ai pazienti dimessi dai manicomi. Il film è stato proiettato in Caritas e ha dato corpo e spinta all’idea di creare una Cooperativa.
Vuole comunicare ottimismo e – aggiunge – credo che nel contesto attuale che è già difficile, i responsabili che lavorano per la Si Può Fare scs e che ne rappresentano i valori non possono essere visti come i classici impiegati ma come collaboratori che danno e ricevono un qualcosa in più. È una scelta lavorare per questo settore. Alcuni hanno lasciato lavori ben retribuiti ma che non li soddisfacevano, anche loro hanno sentito il bisogno di autorealizzarsi attraverso un lavoro con una mission sociale.
Da dove vengono le persone che inserite nella Cooperativa? Da chi è composta?
Le persone che vengono inserite sono in prevalenza utenti dei due soci fondatori, Caritas e Associazione Ozanam. Alcune sono segnalate dai Comuni o da altri enti che hanno bisogno di trovar loro una collocazione lavorativa.
Si tratta di soggetti che magari non lavorano addirittura da 10 anni, ma che vogliono provare a risalire la china. Noi cerchiamo di inserirli in un circolo virtuoso per aiutarli a riabituarsi ai ritmi lavorativi e spronarli a cercare un lavoro definitivo. Ma il percorso è difficile perché sono costantemente stimolati a dare il meglio di sé e a responsabilizzarsi.
Il nostro staff – spiega Marco – è composto per un terzo da lavoratori svantaggiati per legge (ex tossicodipendenti, ex detenuti, disabili fisici e mentali), un altro terzo da persone che hanno un disagio socio/economico, e l’ultimo terzo sono i responsabili che gestiscono i vari settori e seguono gli inserimenti.
Un aiuto fondamentale arriva dai volontari che supportano la Cooperativa, presenti soprattutto al Mercato dell’Usato e nel Negozio dell’Usato in Via Morazzone a Como.
Come si è evoluta la Cooperativa in questi anni?
Oggi, al quarto anno di attività, la Cooperativa si è ampliata in diversi settori arrivando a contare 16 dipendenti, una dozzina di tirocinanti e circa 60 volontari – elenca Marco.
La Si Può Fare scs si sostiene essenzialmente con il proprio lavoro e quindi grazie alla vendita dei beni e dei servizi che offre. L’unico canale di donazione significativo è quello dei beni usati che vengono portati, selezionati e rivenduti.
L’idea iniziale sta diventando condivisa da più persone poiché c’è anche l’aspetto del riciclare e del ridurre gli sprechi che piace molto ai nostri volontari.
Quali sono i prossimi passi?
Uno dei prossimi obbiettivi, oltre a consolidare le attività, è raccontare il valore sociale che è il vero motore della Cooperativa Si Può Fare scs, attraverso articoli, foto e video che verranno pubblicati sul sito della Cooperativa e sulle pagine Facebook. Far riconoscere il valore sociale della Cooperativa all’esterno è difficile – conclude Massimiliano – perché non sempre i potenziali clienti capiscono che i costi sono più alti essendoci una componente sociale ma meno produttiva che va sostenuta.
Continuate a seguirci per scoprire le storie e le esperienze che rendono la Cooperativa Si Può Fare scs un punto di riferimento per l’economia solidale comasca.